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Scritto e diretto da Rosario Palazzolo Con Rosario Palazzolo e Anton Giulio Pandolfo Musiche di Gianluca Misiti.  Produzione Teatro Ditirammu Palermo

Esiste una sola verità, ma nessun modo per esprimerla

Sinossi

Due personaggi in scena, se ne stanno in un luogo che ha smesso di rivelarsi, a celebrare una cerimonia sghemba, che si annuncia inutile, una cerimonia che li obbliga a un dialogo che solo apparentemente è privo di senso, un dialogo disteso su di una lingua ruvida, deforme, asintattica e svirgolante, un dialogo straripante di silenzi pieni di paura, che man mano si trasforma, e diviene urlo, esigendo un ritmo da tragedia e una musicalità surreale. Fino al fallimento finale. Ché quello pretendono, i due, il fallimento, perché è la loro scelta, il solo modo che hanno per finire qualsiasi cosa pensano d’aver cominciato.

Nota dell’autore

Riportare in scena dopo quasi quindici anni ’A Cirimonia è un rischio e un atto d’amore. Specie dopo che due grandi maestri come Enzo Vetrano e Stefano Randisi gli hanno dato la vita che gli hanno dato, ma del resto io amo parecchio la possibilità di fallire, e per poi magari rimandare a una prossima volta. E ’U masculu e ’A fimmina, i due personaggi de ’A Cirimonia, sono proprio così: due entità atterrite e allo stesso tempo indomite, che provano a costruire il limite più spaventoso di tutti, quello che determina ciò che è vero da ciò che non lo è. E la verità è un obiettivo impossibile, mi pare, nella vita di ciascuno, ma lo stesso loro intendono conquistarlo, annotando presupposti fasulli e certezze che credono acquisite, senza rendersi conto di aver congegnato soltanto avamposti fragilissimi: degli alter ego mediocri e finti tonti, a cui far vivere le simpatiche peripezie col patto che dimentichino la disperazione. O perlomeno la omettano, corrompendo il ricordo. E io davvero credo che la memoria sia solo una banale autodeterminazione, qualcosa di indotto e perciò di profondamente incerto, traballante, e traballano proprio le fondamenta sulle quali intendiamo erigere le nostre verità, quel processo che per il solo fatto di concepire una cronologia, innesca il movimento dell’immaginazione. E allora occorrerebbe fare ciò fa la scienza quando smette di fare la scienza e fa ciò che dovrebbe fare qualsiasi scienza, ovvero propendere per l’esplorazione, rinnegare la prova empirica e dare voce alle deduzioni, scommettere, investire su una qualsiasi possibilità e poi erigerla sul trono della verità, con la consapevolezza che si è compiuta una scelta, una scelta in mezzo a molte, e semmai giudicare il perché di quella scelta, e non la scelta in sé.

Rosario Palazzolo