Produzione Bonumusai
Nello Fatato – basso, Nino Pettineo – batteria, Tony Amante – chitarra, Umberto Parisi – tastiere, Salvo Perrone – sax, Marcello Fatato – voce
Produzione Teatro dei Morman2
Di e con Donatella Venuti
Con Arcadio Lombardo alla chitarra
L’ultimo viaggio di Frida è un incantesimo sconvolgente che rapisce la mente e conduce in una zona morta tra i colori dei suoi quadri, i sogni e i desideri di una esistenza possibile ma impossibilitata dai limiti fisici, l’amore ingordo per la vita stessa, il desiderio di maternità, dove il dolore diventa creazione, visioni allucinate di una realtà parallela, abbagliata dalla luce della verità. “La conoscenza è un’illuminazione che brucia. È l’essenza del genio e dell’afflizione.”
Sfrontata, volitiva fino allo spasimo, Frida sopporta le ferite del corpo (per una malattia infantile e per un terribile incidente a 17 anni) e dell’anima con ferma tenacia, scegliendo di trascendere ogni limite. “Ho sfidato la forza di gravità. Sarei dovuta morire sul ciglio della strada come un cane sterile, una cagna investita da un tram, sarei dovuta morire all’ombra straripante di Diego tra le sue secche e le sue correnti, le sue barriere coralline insanguinate”. Ma Frida è una donna d’acqua, capace di navigare nei porti minati di Diego: “Nella pioggia sono nata e nella pioggia morirò”, è l’intro di uno spettacolo che cerca la sua memoria e i suoi accordi tra la poesia della parola e la musica dal vivo che interagisce con la recitazione. Come due attori/interpreti dell’universo poetico di Frida, attrice e musicista hanno scelto di narrare quest’ultimo viaggio, quello preparatorio alla Grande Festa, un dolce commiato pieno “di rumore e di furore”, di rimpianto e d’amore dalla terra del dolore. La musica nella sua struttura è per me un tappeto drammaturgico sonoro che offre le stazioni di questo itinerario nella mente d’artista e mi permette di vivere le emozioni come un flusso di impeti e intuizioni che Frida mi trasmette. E l’immagine finale si sofferma su una giovane donna nuova che sta bene, può vivere una vita normale, sente la musica, guida, usa i tacchi a spillo, affonda i piedi nella nuda terra e sente le vibrazioni dei suoni attraverso la sua pelle in sintonia con la natura. Diego Rivera, il suo unico grande amore le somministra come un dono di nozze l’ultima dose letale di droga e il gesto d’amore concilia definitivamente gli amanti perduti nel sogno della bellezza.
Donatella Venuti
Produzione Officine Jonike Arti
Di: Maria Milasi, Domenico Loddo
Regia: Americo Melchionda
Con: Alfa Maria Milasi, Omega Kristina Mravcova
Produzione: Officine Jonike Arti
Due sconosciute si incontrano su una panchina. Alfa aspetta un bus o forse un treno. Omega una persona con un vestito rosso che potrebbe dare una svolta alla sua vita
Produzione Ass. Cult. Il Castello di Sancio Panza
Di Annibale Ruccello
con Gianluca Cesale
regia Roberto Bonaventura
musiche originali Orazio Corsaro
costumi Francesca Cannavò
Ferdinando, Le cinque rose di Jennifer sono i titoli più noti di un autore italiano di culto, Annibale Ruccello, scomparso nel 1986, a soli trent’anni, in un incidente stradale, che spezzò quella che già era una grande carriera di drammaturgo. Il Castello di Sancio Panza, propone l’ultimo testo dell’artista campano: Mamma, piccole tragedie minimali, quattro brevi atti unici, interpretati da Gianluca Cesale con la regia di Roberto Bonaventura.
La lingua parlata dai personaggi di Ruccello, spesso appartenenti alle classi che vivono ai margini sociali, ha un fascino particolare, animato dalla schiettezza del dialetto e dalla parodia dell’italiano televisivo, e racconta piccole tragedie del quotidiano, squallide realtà vissute senza la capacità di scegliere, capire, cambiare. Al centro di tutto è il sentimento di madre che, in un crescendo di follia, assume caratteri inquietanti e violenti in un contesto di apparente comicità che scivola nel grottesco. Quattro donne diverse, di nome Maria, e un attore, da solo, a interpretarle.
I quattro atti unici rappresentano uno dei vertici dell’opera drammatica di Ruccello, rappresentante di quella generazione del “nuovo teatro napoletano” che ha aspirato ardentemente alla creazione di una scrittura scenica, fortemente legata alla realtà, ma al tempo stesso capace di rivelare l’aspetto umoristico e ironico anche all’interno di situazioni tragiche.
Produzione Confine Incerto
Scritto da Emilio Suraci ed Emanuela Bianchi
Adattamento e interpretazione di Emanuela Bianchi
Calabria, 1769.
Cecilia Faragò è l’ultima fattucchiera processata per stregoneria nel Regno di Napoli. Con lei muoiono i segreti della terra in un luogo del mondo in cui la terra è potere.
Chi è la magàra Cecilia?
Fata o strega, lucifera, portatrice del sole o della luna, donna infine e prima di tutto. Che si appropria della forza tellurica dal ventre del mondo e ne fa decotto di erbe, credenza, maleficio. Lamagara è la donna che pensa, che guarda troppo avanti, che sospetta, che non crede a niente. La strega a cui il mondo chiede di nascondere le sue ipocrisie, per poi lapidarla per le sue stesse colpe. Una microstoria che si affaccia dal passato, un urlo di redenzione da quel mondo di storie disperse che formano la memoria negata del genere femminile. Profetessa dell’uguaglianza e donna irregolare di un Mediterraneo arcaico, viscerale, erotico, fatto di magismo, superstizione e divinazione, domina la natura aspra della terra, dei suoi frutti , dell’acqua, del fuoco. Notti di luna e profumi arcani di un Sud dell’anima e del corpo raccontano quel fuoco di rabbia che seduce, verità di ogni tempo senza sovrastrutture.
Lamagara mette in scena i luoghi eterni della generazione e dell’eros, della diffusività maternale di vita, morte e reificazione in corpore feminae. Non un semplice monologo, ma un’interazione di voci della storia,
sommerse nell’oblio di un presunto peccato, che si elevano, con il personaggio di Cecilia, verso la luce, a smascherare il doppio volto della verità dell’uomo, le pieghe della sua quotidiana magia.
Un linguaggio denso e terrestre come humus, impastato di un materiale verbale pieno e screziato dove il corpo è utilizzato come strumento della narrazione che coinvolge lo spettatore in una esperienza sensoriale potente, poetica e parossistica. Lo sguardo di Emanuela Bianchi diventa parola, genesi, riscatto di una verità selvaggia, processata dalla storia.
Produzione Il Mezzo Network
Da ZELIG con il tormentone FACCIO QUELLO CHE VOGLIO!
Brillante autore ed interprete, racconta in tono ironico la sua esperienza di emigrante calabrese alle prese con la stressante realtà milanese, proponendo un cabaret acuto con risvolti satirici, decisamente coinvolgente.
Il suo umorismo ricorda quello di altri attori dell’area milanese che hanno fatto scuola come Dario Fo, Giorgio Gaber o Paolo Rossi, comici della parola più che del gesto, ricavando il proprio successo dall’interpretazione, in diversi stili, di ciò che avviene nella società.
Produzione FC@PIN.D’OC
Ideazione e Coreografia: Stellario Di Blasi
Interpreti: Stellario Di Blasi, Marco Saija
Spettacolo di Teatro danza
L’espressione di un groviglio interno di sentimenti, una metamorfosi del corpo e delle emozioni che rivelano una percezione nei termini di un’umanità incompleta, divisa e incastrata tra la natura istintiva e divina. Un’anatomia non finita, mezza umana e mezza animale che è in grado di mordere, di penetrare, di succhiare, di avere fede o di vivere nel peccato. Una chimera postmoderna fatta di feticci, protesi e carne che, attraverso la reintegrazione della sua originaria e scimmiesca istintività cerca di divenire in un conflitto tra demistificazione, elezione e salvezza, un essere nuovo.
E’ un processo interiore scabro, uno sdoppiamento dell’essere in cui è evidente un urgente bisogno di riconoscimento. La necessaria trasformazione di parti di sé vissute senza un’accettazione unitaria che, resteranno una scorza terrena di cui non ci si potrà mai liberare, senza l’accettazione di un destino di reale incompiutezza dell’essere. Perciò questo non finito invade a tratti le forme compenetrando ordine e disordine in una sostanza del tempo ambigua, generata da musica e versi sonori.
Tutto questo muove le fila del sentire di un uomo in un declino privo di speranza, in lotta contro una condizione dell’esistere come essere abbandonato sulla terra e relegato dalla sua condizione originale.
Sesso, lotta, violenza, solitudine e fede sono gli elementi che definiscono quest’uomo.
Con la medesima ossessione di Francis Bacon e Michelangelo Buonarroti, dalla quale poetica si trae spunto, la pièce espone un corpo abitato, trasfigurato, tormentato, divino o organico, fragile o possente, nudo o vestito, finito o non finito. Un corpo simbolo di una fragilità dell’umano in transito, in continuo divenire dentro e oltre il limite di quel non luogo che è la nostra condizione moderna.
Scene di Mamy Costa
Musica di Dario Naccari
Scritto e diretto da Lelio Naccari
Te la sei mai presa in quel post?
Quello in cui qualcuno, magari la ragazza della porta account, aveva espresso un’opinione contraria alla tua, davvero impossibile da condividere.
Le star si suicidano una dopo l’altra, c’è penuria di star. Alcune muoiono persino di morte naturale, e per mettere un argine a questo triste fenomeno, D e L hanno deciso di fare in modo di entrare di diritto nel novero delle celebrità.
Ma come fare se nessuno ti ascolta? Se nessuno ti da retta? Sul web c’è troppa ignoranza, dilaga. Non si è sensibili al bello, ma solo al brutto e al cattivo. Occorre educare le masse, abituarle ad amarci.
Bisogna trovare nuove strategie, capire e capirsi. Creare qualcosa di nuovo ma che non scombussoli troppo, di diverso ma anche di uguale, che piaccia ma che faccia anche schifo.
Insomma, quel certo non so che.
Non so. Che?
Famoso è un flusso d’incoscienza teatral-musicale a più voci, che parte dal nostro bisogno di essere apprezzati e riconosciuti dall’altro. Il nostro bisogno di dire ci sono, esisto, sono presente. Guardami mamma, sto facendo una capriola!
Regia Marcantonio Pinizzotto
Con Milena Bartolone, Gabriella Cacia, Elvira Ghirlanda
Luci Giovanna Verdelli
Vecchia a chi? Il Tempo della Mela è una commedia noir.
Nella cucina di casa, nonna, figlia e nipote, provano a far convivere le proprie esistenze e ad attenuare l’impatto dello scontro tra i rispettivi fallimenti generazionali. Una illusa e lacerata dal boom economico, un’altra sconfitta dall’idealismo, una incapace di emanciparsi e di intessere relazioni che non siano patologiche.
Tutti gli spettacoli avranno inizio alle ore 21.30
Tesseramento online clicca QUI
Importante la prenotazione: 090.622505 – info@teatrodei3mestieri.it
Teatro dei 3 mestieri S.S 114 km 5,600 Via Roccamotore Messina
Info: 090.622505 – info@teatrodei3mestieri.it